Cambio di destinazione d’uso dell’immobile con il Decreto Salva Casa

  • 1 settimana fa
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Cambio di destinazione d’uso dell’immobile con il Decreto Salva Casa: le nuove regole

Per effettuare il cambio di destinazione d’uso dell’immobile a seguito delle novità introdotte con il Decreto Salva Casa può bastare la presentazione della Scia al Comune. Per rimanere sempre aggiornati, vi proponiamo il seguente articolo redatto da Manuela Margilio per quifinanza.it

Grazie all’approvazione del Decreto Salva Casa (DL 69/2024) vengono introdotte nuove semplificazione in merito alle pratiche connesse al cambiamento della destinazione d’uso di un immobile. La normativa ha apportato in materia profonde trasformazioni aprendo il passo anche ad un’evoluzione giurisprudenziale nel settore piuttosto significativa. Cambiare la destinazione d’uso di un immobile significa modificarne la sua finalità di utilizzo. Per fare un esempio, ci troviamo di fronte ad un cambio di destinazione d’uso quando si modifica un immobile ad uso ufficio (categoria catastale A10) in un immobile ad uso abitazione (categoria catastale A3) o viceversa.

Tali operazioni sono particolarmente interessanti in quanto consentono, più in generale, di modificare il patrimonio immobiliare del cittadino in base alle esigenze effettive del momento. Grazie ad una disciplina improntata a maggiore flessibilità, vengono agevolati i cambiamenti e conseguentemente incentivata la riqualificazione urbana.

Vediamo più nel dettaglio quali sono le nuove procedure da poco entrate in vigore.

Cambio di destinazione d’uso: le categorie funzionali

Il DL Salva Casa, convertito nella Legge n. 105 del 24 luglio 2024 ha apportato delle modifiche all’articolo 23-ter del D.P.R 380/2001 (Testo unico Edilizia) che definisce il cambiamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante. Per tale si intende l’assegnazione dell’immobile ad una diversa categoria funzionale. Le categorie funzionali cui fa riferimento la normativa sono cinque e sono così suddivise:

  • a) residenziale (abitazioni, studi professionali o affittacamere);
  • a bis) turistico – ricettiva (alberghi e in generale gli immobili a prevalente carattere ricettivo);
  • b) produttiva e direzionale (laboratori artigianali, industrie, magazzini, imprese edili, officine);
  • c) commerciale (bar, pub, negozi, ristoranti);
  • d) rurale (immobili destinati a produzioni agrarie, allevamenti e forestazione, campi coltivati, vivai di fiori e piante, boschi, pascoli, abitazioni rurali, agriturismi).

Il passaggio da una determinata destinazione funzionale ad un’altra può comportare rilevanti differenze in termini di oneri di urbanizzazione. Destinare un immobile ad un uso commerciale può rivelarsi più costoso rispetto ad un uso residenziale, anche a parità di cubatura e superficie.

Come previsto dal Decreto Salva Casa la variazione di destinazione d’uso si definisce senza opere qualora non sia prevista l’esecuzione di un’opera edilizia oppure se le opere che vengono realizzate rientrano nell’ambito degli interventi di cui all’articolo 6 del DPR 380/2001.

Novità con il DL Salva Casa

Le novità introdotte dalla nuova disciplina ai commi 1bis a 1ter dell’articolo 23ter DPR 380/2001 concernono sia i cambi di destinazione d’uso cosiddetti orizzontali nell’ambito della stessa categoria funzionale, sia quelli verticali tra categorie funzionali diverse.

Sono sempre consentite variazioni di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, a prescindere dall’esecuzione o meno di opere edilizie. Devono essere rispettate le normative di settore ed è fatta salva, per gli strumenti urbanistici comunali, la possibilità di stabilire delle regole specifiche. Si ricorda che nell’ambito della stessa categoria funzionale, le varie destinazioni d’uso sono urbanisticamente omogenee, quindi non comportano oneri aggiuntivi.

Sono sempre consentite variazioni di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse (a prescindere dall’esecuzione o meno di opere edilizie) purché:

  • le unità immobiliari prese in considerazione siano ubicate nelle zone A (centro storico), B (zone totalmente o parzialmente edificate ma diverse dai centri storici) o C (zone destinate a nuovi complessi insediativi) di cui all’articolo 2 del DM 1444/1968 o equipollenti;
  • si rispettino le norme di settore;
  • si rispettino ulteriori specifiche condizioni dettate dal comma 1-quarter dell’articolo 23 DPR 380/2001;
  • si rispettino eventuali condizione specifiche prescritte dagli strumenti urbanistici comunali.

Da evidenziare inoltre che il cambio di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale come previsto dal DM 1444/1968 e dalle leggi regionali né al vincolo di dotazione minima obbligatoria dei parcheggi. Poiché in molti centri urbani si riscontra carenza di spazi verdi e aree di parcheggio il carico urbanistico potrebbe aumentare in maniera considerevole senza che a ciò corrisponda un aumento di servizi e aree di parcheggio. Inoltre, resta fermo il pagamento del contributo richiesto ai fini degli oneri di urbanizzazione secondaria.

Le regole per appartamenti al primo piano fuori terra o seminterrato

Le opzioni sopra descritte, in caso di unità immobiliari situate al primo piano fuori terra oppure al seminterrato, sono consentite solo nel rispetto della legislazione regionale, la quale rimanda agli strumenti urbanistici locali che possono individuare le zone specifiche nelle quali è sempre ammesso il passaggio da una categoria funzionale all’altra per tali tipologie di unità immobiliari.

Il titolo edilizio necessario per il passaggio di destinazione d’uso 

Per quanto concerne i titoli giuridici abilitativi all’esecuzione dei lavori che consentano il cambio di destinazione d’uso di un immobile, si devono segnalare alcune novità introdotte con il Dl Salva casa.

La variazione della destinazione d’uso dell’immobile, nell’ambito della medesima categoria funzionale, comporta sempre la necessità della Scia (segnalazione certificata di inizio attività).

Il mutamento di destinazione d’uso dell’unità immobiliare tra diverse categorie funzionali è soggetto al titolo abilitativo necessario per dare esecuzione alle opere che vengono realizzate per effettuare il cambiamento. Tuttavia, qualora sia richiesta la Cila (Comunicazione di inizio lavori asseverata), si dovrà sempre presentare la Scia.

In sostanza, a fronte delle semplificazioni che costituiscono l’obiettivo del Decreto Salva Casa, la modalità di scelta dei titoli abilitativi idonea subisce delle variazioni poiché si prescinde dalla tipologia di intervento da realizzare. Mentre prima si doveva utilizzare il permesso di costruire, la Scia o la Cila a seconda del lavoro eseguito, con la nuova normativa avviene una semplificazione poiché il titolo abilitativo è unico ed è la Scia.

Le competenze delle Regioni in materia di destinazione d’uso

In base a quanto disposto dalla novellata normativa, le Regioni devono adeguare la propria legislazione ai principi previsti dal riformulato articolo 23 ter D.P.R 380/2001, i quali trovano comunque una diretta applicazione. Si rammenta che è fatta pur sempre salva la possibilità per le Regioni di prevedere ulteriori livelli di semplificazione.

Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso di un intero immobile all’interno della stessa categoria funzionale è consentito subordinatamente al rilascio dei titoli abilitativi in conformità ai criteri che abbiamo in precedenza menzionato.

 

FONTE: quifinanza.it

 

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