Riforma del catasto, cosa prevede.

Riforma del catasto, cosa prevede

Qualcosa nel mondo immobiliare italiano sta cambiando, la riforma del catasto è in arrivo. Ma cos’è la riforma del catasto? Quali variazioni potrebbe apportare? A tal proposito vi proponiamo quest’interessante articolo a firma di Stefania Giudice per idealista.it. In questo articolo si parte analizzando il contenuto della legge recante la delega al governo per la riforma del sistema fiscale e dalle osservazioni di alcuni esperti.

Riforma del catasto, cosa cambierà.

Approvando il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, il governo ha spiegato che, per quanto riguarda il catasto, “è prevista l’introduzione di modifiche normative e operative dirette ad assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati”. Ma non solo.

In base a quanto evidenziato, “è, inoltre, previsto l’avvio di una procedura che conduca a integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario”. L’obiettivo è “fornire una fotografia aggiornata della situazione catastale italiana”.

Secondo quanto precisato, poi, “gli estimi catastali, le rendite e i valori patrimoniali per la determinazione delle imposte rimangono quelli attuali. Le nuove informazioni raccolte non avranno pertanto alcuna valenza nella determinazione né delle imposte né dei redditi rilevanti per le prestazioni sociali”.

La voce “catasto”, all’interno della legge delega, si trova all’articolo 7, “Modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto fabbricati”. Nello specifico, l’articolo 7 della legge delega dice:

“Il Governo è delegato ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, una modifica della disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, secondo i seguenti criteri e principi direttivi:

  1. a) prevedere strumenti, da porre a disposizione dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, atti a facilitare e ad accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento delle seguenti fattispecie:

1) gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria catastale attribuita;

2) i terreni edificabili accatastati come agricoli;

3) gli immobili abusivi, individuando a tal fine specifici incentivi e forme di trasparenza e valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in quest’ambito;

  1. b) prevedere strumenti e moduli organizzativi che facilitino la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l’Agenzia delle entrate e i competenti uffici dei comuni nonché la loro coerenza ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari.
  2. Il Governo è delegato altresì ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, una integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026, secondo i seguenti criteri direttivi:
  3. a) attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato;
  4. b) prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato;
  5. c) prevedere, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, come individuate ai sensi dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;
  6. d) prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”.

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Riforma del catasto, quando entra in vigore

Le nuove informazioni non saranno rese disponibili prima del 1° gennaio 2026, ma il governo ha 18 mesi di tempo per emanare i decreti legislativi. Quindi tra un anno e mezzo dovrebbero arrivare ulteriori informazioni. Nel 2026 avremo la piena disponibilità di queste informazioni aggiuntive nel catasto dei fabbricati.

Riforma del catasto, cosa cambia

Il dubbio che accompagna la discussione sulla riforma è: quale sarà l’impatto fiscale? Come spiegato da Florio nel corso dell’evento Fimaa, le informazioni aggiuntive che si avranno con la riforma del catasto constano di alcuni aspetti che possono avere una valenza informativa interessante, sia in positivo che in negativo.

“Di fatto – ha affermato Florio – oggi non abbiamo un sistema che accerta in modo abbastanza inequivocabile il valore di mercato di un immobile, mentre questo valore di mercato verrà di fatto reso disponibile”. Secondo quanto evidenziato dal consulente fiscale, si dovrà distinguere fra transazioni immobiliari assoggettate a imposta di registro, che – come regola generale – sono agganciate al valore della rendita catastale, quindi un valore specifico oggi disponibile, e transazioni agganciate al valore di mercato, come le compravendite di immobili commerciali o assoggettati a Iva nel cui ambito vale sempre il valore effettivo della transazione. Affermando ciò, Florio ha voluto specificare che è difficile fare previsioni a lungo termine, ma ha spiegato che “questa revisione del sistema potrebbe portare a un impatto per quanto riguarda la tassazione ai fini delle imposte sui redditi in tema di quelle che sono le plusvalenze o comunque ad avere un parametro di riferimento per tutti – non solo per il Fisco, ma anche per il contribuente – di maggiore trasparenza rispetto a quello che è il valore effettivo della transazione immobiliare”.

All’aggiornamento dei valori potrebbe corrispondere un aumento delle aliquote impositive sulla casa? Quale scenario può presentarsi per le compravendite? In merito, Florio ha spiegato che bisogna attenersi a quella che è la documentazione ufficiale disponibile. E proprio la documentazione ufficiale disponibile, ossia la legge delega, all’articolo 7, comma 2, lettera d, dice che le informazioni rilevate non verranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali. Cosa significa questo? Ciò vuol dire, come evidenziato anche dal consulente fiscale, che “laddove verrà affiancata alla rendita catastale quello che è il valore di mercato dell’immobile, tutta quella che è la tassazione agganciata ai valori delle rendite catastali non deve essere influenzata dai nuovi valori”.

Florio ha quindi spiegato che da questo è possibile trarre due conclusioni: “La prima è che quei valori di mercato che affiancheranno la rendita catastale non dovrebbero inficiare gli esborsi come l’Imu, che è collegata alla rendita catastale, o l’imposta di registro sulla prima casa, perché sugli abitativi c’è il criterio del prezzo valore, applichiamo sostanzialmente dei coefficienti alla rendita catastale e determiniamo in questo modo la base imponibile. Da un altro punto di vista potremmo sforzarci di leggere quello che non c’è scritto, cioè che potrebbero invece cambiare quelli che sono i livelli di imposizione fiscale per tutto ciò che non si fonda sulle risultanze catastali, quindi ad esempio tutte le transazioni assoggettate a imposta di registro che hanno ad oggetto immobili commerciali, anche il box non acquistato come pertinenziale di un abitativo, che sono assoggettati a imposta di registro non sul valore catastale, ma sul valore di mercato. Di fatto ci sarà un parametro ufficiale il quale chiarirà il valore di mercato”.

Il consulente fiscale ha quindi chiarito: “La tassazione per quello che riguarda l’aggancio ai valori catastali non dovrebbe cambiare. E’ ovvio però che il Fisco, ma anche il contribuente, avranno il parametro del valore di mercato e quindi tutte le volte che la tassazione sarà agganciata al valore di mercato non sarà certamente uno strumento di accertamento in prima battuta, ma sarà una ‘fotografia’ che dirà chiaramente qual è il valore”.

Riforma del catasto e prima casa

Florio ha poi sottolineato: “Per tutte quelle che sono transazioni assoggettate al valore catastale non c’è il rischio di pagare di più. Secondo le indicazioni della legge delega, nel caso di acquisto di un immobile abitativo, sia prima che seconda casa, non è prevista una modifica della base imponibile. Se invece si acquista un immobile assoggettato ai valori di mercato, qualcosa potrebbe cambiare, ma più che altro in termini di aumento della base imponibile, non necessariamente di aumento delle aliquote”.

Riforma del catasto e Imu

Un’altra domanda ricorrente è: la riforma del catasto potrebbe andare a beneficiare gli enti comunali? Secondo quanto chiarito da Florio, “la legge delega ha affermato che non deve cambiare in alcun modo la determinazione della base imponibile di un tributo che sia fondato sulle risultanze catastali. Quindi la risposta è no”.

Il consulente fiscale ha però sottolineato che “andando a vedere uno dei sei pilastri della riforma fiscale si parla di rimodulare le addizionali regionali e comunali dell’Irpef, fissando una sorta di sovrattassa unica sull’Irpef. Quindi, non si può sapere con certezza se cambierà la tassazione a livello comunale, ma perché è possibile che venga in qualche modo tolto del gettito tramite le addizionali locali ai comuni, i quali – non tramite la base imponibile, ma con una misura sulle aliquote – potrebbero in qualche modo decidere di riequilibrare questa mancanza di gettito”. Florio ha però anche precisato che “ad oggi è molto difficile poter rispondere con certezza alla domanda se i comuni dal 2026 interverranno sull’incremento delle aliquote Imu”, aggiungendo: “Ma per quanto riguarda l’imponibile direi che questa misura non dovrebbe cambiare alcunché”.

Fonte: idealista.it

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